Cara nonna,
Ieri pomeriggio sono rimasta a casa tua col mio bimbo, che aveva la febbre.
Siamo stati in cucina, dove stavi sempre tu. Dove stavo sempre io. Dove stavamo sempre tutti.
E come te, ho fatto in modo che la stufa a legna non si spegnesse mai, per tenerlo al caldo, per tenerlo al sicuro, come stavamo noi.
E alla stufa a legna, lo sai, non si può dire a quanto andare.
Lei va ed è caldo.
Se si spegne è freddo.
È fatta così, o tutto o nulla.
Così la cucina ha trovato l’odore di un tempo, di pinelli bruciati, di legna, di brace.
Col piccolo in braccio abbiamo piegato i panni presi dal filo in capanna, asciugati dall’insperata giornata di sole.
Sul tavolo, sotto al neon, come con te.
E sulla sedia rossa, dalla seduta di paglia intrecciata, mi è parso di scorgere il tuo sguardo celeste, ironico e malinconico insieme, severo e insieme gentile.
Ti ho sorriso.
Mi è piaciuto.