Volevo intitolare questo post “sulla memoria e non solo” e parlare della piccola storia ignobile che sta coinvolgendo l’attuale amministrazione comunale, ma poi ho pensato che per quel tipo di commento ci voleva qualcosa di separato.
Per cui eccomi, a cercare, oggi, semplicemente di fare memoria, come se fosse una cosa semplice, che infatti non è.
Dunque, ogni 27 gennaio si ricorda l’apertura dei cancelli di Auschwitz, e il fatto che il mio telefono scriva in automatico la parola Auschwitz dopo la frase apertura dei cancelli di… racconta già un poco quanto non tanto quell’evento, ma la Shoah e lo sterminio di Rom, omosessuali, testimoni di Geova, persone con disabilità, avversari politici segnano un punto indelebile nella storia del Novecento e oltre.
Ho cercato a lungo le parole per parlare ai ragazzi, del giorno della memoria.
Ho cercato autori tedeschi, ebrei, italiani, riaperto con commozione Primo Levi e Calamandrei.
E credo che alla fine cercherò di parlare loro degli allontanati dalla scuola, degli espulsi dalle leggi razziali, delle bambine e dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi, prima tolti dallo studio, poi reificati, e infine uccisi secondo un piano lucido quanto abominevole.
La scuola come primo posto dove dividere.
La scuola come diritto negato.
La scuola negata come l’inizio della fine.
Un giorno vai a scuola, il giorno dopo non ne hai più diritto.
Non sei un essere umano al pari dei tuoi compagni.
Sei diverso, solo, isolato, e c’è una legge che lo dice, è giusto così, dice la legge, è giusto così dice la gente, è giusto così dicono i compagni.
Quando stavo in Germania la domanda che attanagliava le coscienze era come abbiamo potuto lasciare che accadesse.
Ecco la chiave.
Lasciare che accada.
Lasciare che sia accaduto.
Lasciare che accada di nuovo.
Per questo la memoria.
Per questo il 27 gennaio.
Per questo non si tratta di un gioco di pedine.
Per questo si tratta di civiltà.
Sindaco.
In Germania si pongono il problema. E qui?