Nessuno provi a pensare che quelle di Berlusconi siano gaffes provocate dalla senilità.
O meglio, la senilità c’entra, ma credo in un altro modo.
Immaginate una grande famiglia novecentesca, una di quelle numerose, degli anni cinquanta, col giovane padre già padre padrone, una di quelle famiglie del Sud, con il palazzo affrescato sul mare, che potrebbe stare in un romanzo di Camilleri.
Suo il cascinale, suoi i campi, sua la moglie, suoi i figli.
Violento, senza cuore, cattivo con tutti.
Ma economicamente un genio.
La spregiudicatezza del CapoFamiglia negli affari, il legame con qualche potente del luogo, fanno vivere tutti nella ricchezza, ma nell’assoluta mancanza di libertà e di autodeterminazione personale.
I figli arrivano a odiare il padre, dei cui soldi però continuano a campare e fanno l’università in posti lontani.
La domenica tutti intorno al grande tavolo, in silenzio, secondo gli antichi riti di famiglia.
Nascono i nipoti, il grande padrone invecchia, con qualche nipotino si affeziona pure.
Il tempo continua a passare e a non dare tregua.
Il vecchio inizia a perdere colpi, a perdere la forza, prima fisica, quella con la quale usava la cintura dei pantaloni per ripristinare le regole, poi mentale.
I figli, in una riunione di famiglia fatta in segreto a Milano, decidono che è arrivato il momento della casa di riposo.
Cercano di spiegargli che è per il suo bene.
Lui vorrebbe ribellarsi, ma ha quasi novant’anni, non ha più la forza di un tempo.
Si rassegna.
Lo vanno a trovare, una volta a settimana, gli portano libri e cioccolatini.
Ma lui fa il matto.
Per farli vergognare.
Per fargliela pagare.
Una volta si fa trovare nudo a mensa, un’altra prova a baciare l’infermiera, una volta ancora si tira giù i pantaloni e mostra l’appassito arnese al lattaio raccontando di fasti passati.
Tocca alla nipote, una ormai non più giovane donna, elegante e dalla messa in piega perfetta, che ha fatto corsi di dizione per togliersi di dosso le originali cadenze, cercare di spiegare al nonno che è finita, che si deve rassegnare, che così non aiuta nessuno.
Il nonno esplode, grida, il nonno, in pigiama, che se ognuno di loro fa quello che fa è merito suo, che ognuno di loro gli appartiene, che la loro vita è la vita che gli ha regalato lui, che senza di lui nessuno sarebbe quello che è.
La nipote lo guarda con dolcezza, e mentre cerca di calmarlo fa un gesto all’infermiera.
Che arriva, fa la sua iniezione e lo accompagna a letto.