Evidentemente.
Mi raccontavano, da piccola, che l’Unione Europea era nata dopo la guerra e che era la garante della pace in Europa.
Io vivevo, del tutto inconsapevolmente, in un mondo complesso ma sostanzialmente stabile.
Facevo fatica a immaginare una guerra.
Perfino quelle che hanno leccato i nostri confini ci sono scivolate via di dosso.
E lo so che adesso non siamo in guerra.
Ma è la prima volta che temo per il futuro, a quarantasette anni.
Mi chiedo cosa accadrà d’inverno e mi scopro a fare macabre battute sul fatto che ci sarà o meno, un inverno.
Durante il covid abbiamo imparato ad aggiustare le cose rotte, a fare il pane in casa, e che si poteva anche lavorare da remoto.
Abbiamo fatto conserve, marmellate, dipinti, collage.
Adesso è il caso che ci si inizi a organizzare per tenere luci e termosifoni più spenti possibile.
Magari più famiglie decideranno di vivere insieme e di tenere una casa chiusa.
Magari aumenteremo il numero di maglie e di calzini.
Forse smetteremo di andare al ristorante.
Niente, in confronto alla guerra vera.
Alla scatola di denti d’oro che ho intravisto sul giornale e della quale non ho voluto leggere.
Alle case distrutte, alla paura per un figlio lontano, a quella di trovarsi un soldato alla porta.
Le generazioni precedenti hanno avuto i loro casini, la guerra, la crisi dei missili, l’Europa divisa.
Ma credo che questa sia la prima generazione che sta iniziando a realizzare che non andrà meglio fra poco.
I nostri genitori sono cresciuti sulla risalita del paese.
A noi tocca questa discesa che sembra non finire mai.
Ma una ragazzina in una classe stamani mi ha fatto una domanda brillante.
Un’altra mi ha invitato a una giornata sulla sindrome di down.
Un ragazzino ha aiutato il compagno che era stato assente.
E mio figlio dice che essere generosi e gentili è interessante perché è semplicemente più bello che essere avari e scortesi.
Qualcosa deve succedere.
Forse un nuovo movimento, forse nuove idee al vento, forse una mobilitazione civile, non lo so, non lo so davvero.
Ma è urgente svegliarsi, uscire di casa e cercare altra gente.
E una volta trovata parlare e pensare. E guardarsi. E capirsi. E fare qualcosa.
Il problema è che non so cosa.
ti capisco
e dopo aver visto negli ultimi anni come gli italiani hanno reagito a immigrazione , covid e le ultime elezioni non è che speri granchè in una diffusa voglia di sostenersi a vicenda , anzi
Nessuno lo sa. Solidarietà, insistono Bergoglio e Zuppi. Che abbiano ragione loro? Un minuscolo appunto per te: Down va maiuscolo, non c’è niente di basso nell’essere così.