Con un quasiseienne in quarantena si possono fare un sacco di cose interessanti.
Giocare agli agenti segreti: scrivere messaggi col succo di limone, inventarsi codici per segnalare all’altro cosa fanno gli spiati della casa (il babbo e il gatto), creare braccialetti colorati per comunicare, scrivere parole misteriose al rovescio che nessuno può scoprire, come AMMAM, OBBAB, OTTAG…

Si possono fare biscotti con la marmellata (si veda documentazione fotografica).
Si può colorare e ritagliare, e se si fanno errori si fa finta che.
Si possono ascoltare, raccontare, inventare, mettere in scena storie.
Si può fare un puzzle.
Ohimmena.
Si può, ogni tanto scappare in bagno e restarci un pochino in silenzio, più del necessario.
Si può, alle cinque, dire la frase magica.
Se vuoi puoi accendere la tele.
Ci si può sedere, accanto al piccolo, guardarlo mentre assorto guarda altrove, e pensare che la stella cometa, arrivata cinque anni fa, col sorriso sgangherato e le tutine troppo larghe e troppo lunghe, si è per fortuna posata in questa casa, diventata base segreta, tana, casa sull’albero, cuccia, isola, porto, base di lancio e posto dove tornare.
Si può fare.