Alla piazzola vive con noi una ghiandaia.
Credo faccia l’antropologa, perché ci guarda e prende appunti.
Ieri mattina, sola io e sola lei, siamo state a guardarci per un po’.
A una distanza giusta, quella che la natura mette fra uomini e animali del bosco: quella scelta da questi ultimi.
Ma abbastanza vicine per capirci.
Entrambe bipedi, solo una delle due in grado di volare.
Penne e piume lei, strani vestiti e un elastico in testa io.
Lei più colorata di me, se il nero fra gli umani sfina, fra gli uccelli fa un po’ troppo merlo.
Pareva interessata all’assurda livrea del tavolo da pranzo, aggraziato da una tovaglia rossa a pallini che in una pineta tende a dare nell’occhio.
Chissà cosa pensa delle strane nidificazioni temporanee di noi umani… quando a giugno fioriscono tende colorate, cinguettano piccoli d’uomo così simili ai suoi: implumi e chiassosi, e intorno, su un filo teso fanno mostra di sé teli da mare chiassosi e un po’ kitsch.
E chissà cosa pensa delle nostre strane gambe e dei lunghi piedi senza artigli, rivestiti da ciabatte gommose.
A me fa curioso il suo becco.
Lei guarda sardonica il mio naso.
Mi chiedo cosa abbia trovato da mangiare, qui dove anche noi cuciniamo.
Lei si chiederà dove troviamo lo stomaco per mangiare cose calde e bollite in acqua salata.
Piano piano il campeggio si anima, i rumori si avvicinano, entrambe temiamo di essere scoperte, vola via, passando radente sopra di me, il mio cuore la immagina sorridendo, il suo è libero, potente e leggero come è il cuore degli uccelli.
Bellissima scenetta. Niente scoiattoli? :-)