Che sia estate o inverno non cambia.
Gli stinchi dei ragazzi (più di quelli delle ragazze, non so perché) s’ hanno a vedè.
Che siano jeans, pantaloni della tuta o normali pantaloni di cotone, devono finire prima del malleolo, essere arrotolati in piccoli risvoltini e chiudere così pantaloni un po’ larghi.
I calzini devono essere più bassi delle scarpe (bianche di solito) e quindi l’effetto è quello di un figliolo cresciuto più in fretta del cambio armadi.
Non lo so se li comprano già corti o li fanno accorciare.
Ignoro se abbiano freddo o se si sentano tranquilli, con quelle caviglie bluastre di prima mattina.
E non mi sogno neanche di giudicarli bene o male, signore e signori della giuria, ho fatto il liceo fra il 1989 e il 1994, avevamo la frangia cotonata, la permanente e gli occhiali tondi, noialtri. Sappiamo bene cosa voglia dire guardare le vecchie foto e vergognarsi.
A me fanno tenerezza quegli stinchi esposti come prova evidente di aver seguito il tipo del momento su instagram, la moda più adeguata e il vestito giusto.
Perché li conosco quei tentativi.
Quella voglia di dire al mondo guardatemi gli stinchi ma non chiedetemi altro, che sto facendo la muta e non voglio rompimenti di coglioni. Non chiedetemi come sto, non chiedetemi che penso, perché sono una barca in mezzo al mare, guardate le caviglie e lasciatemi in pace.
Io non avevo gli stinchi scoperti, ma avevo altro: le scarpe diverse, i capelli asimmetrici, tre orecchini per parte e camicette che coprissero tette e sedere.
Alzi la mano chi non c’è passato, alzi la mano chi non c’è rimasto un po’ affezionato, a quei ridicoli orpelli di gioventù.
tace, e si assicura che le foto anni 70 con i jeans a campana siano ben nascoste