Col piccolo abbiamo deciso un piccolo impegno serale: un capitolo (e solo uno, qui sta la sua parte di promessa) ogni sera, di Pinocchio.
A Pinocchio ho voluto e voglio molto bene, d’estate ascoltavo di nascosto il mio vicino leggerlo a suo figlio il pomeriggio, per far fare il riposino che nessuno di noi voleva fare, è stato il primo libro che ho letto da sola appena ho imparato a leggere, al parco di Collodi avevo paura a passare sotto le gambe del carabiniere e dalla bocca della balena.
Ho amato la fata e detestato la lentissima chiocciola, sono stata fremente giustizialista col gatto e la volpe e ho pianto per lucignolo le stesse lacrime che versai poco dopo per Franti.
Pinocchio è un bambino che affronta il mondo dei grandi, e diventa vero nonostante loro, diventa un bimbo vero quando capisce l’amore che prova per il suo babbo e che il babbo prova per lui.
Ogni bambino è Pinocchio e Pinocchio è ogni bambino: la furbizia ingenua, il crescere per prove e tentativi, il fidarsi ciecamente delle buone come delle cattive compagnie.
E Geppetto, babbo di legno, genitore adottivo, San Giuseppe delle fiabe, è ogni padre e ogni madre, che lascia che il figlio sbagli da solo, ma si leva per lui il pane e la camicia, parte a cercarlo su un guscio di noce e alla fine è Pinocchio che salva lui, come accade, sempre, coi bambini.
== quando penso a Lucignolo mi viene in mente Renzi 00