Così ci siamo ritrovati, davanti a un bicchiere, a brindare a Sergio e a ricordare, una vita fa, quando lui e noi eravamo un partito, una comunità, un luogo.
Mi ha fatto bene, abbiamo chiacchierato di allora e di adesso, abbiamo ricordato, rivangato, rivissuto, e un pochino anche un po’ riprogrammato.
Anni e anni e anni passati insieme, una barca di entusiasti, con qualche zavorra e qualche vela, qualcuno ci ha amato, qualcuno ha provato a usarci, qualcuno ci ha lasciato. La politica è come la vita, ti può innamorare o disgustare, ma non puoi prescinderla.
E l’appartenenza, l’identità, l’insieme di valori che ti lega agli altri non sono cose di secondo piano, di scarso valore o, peggio, ostacoli.
Se perdi quelli poi va bene un capetto qualsiasi, un Salvini qualunque.
E la strada che ci ha portato qui è stata quella: chiudere le federazioni, le sezioni, abbandonare l’idea di un presidio umano, un luogo fisico e ideale dove ascoltare le persone, dove leggere il giornale (che scroccavamo a Sergio) dove confrontarsi e raccontare.
Ci piacerebbe raccontarlo, cos’era quell’idea di partito che è andata perduta, con i suoi problemi e le sue piccole, spesso atrofiche, ali.
Intanto ci siamo ritrovati, e questo mi pare sia già il primo passo.
Sergio ne sarebbe stato contento, me lo immagino cosa avrebbe detto:
Vengo anche io. Io birbante.