Carcassonne

Infine eccola, la cité desiderata, immaginata, cantata, raccontata.

Di giorno un luogo brulicante di turisti, di cellulari, di gelati, di occhiali da sole e negozi omologati.

Di notte un luogo magico, dove camminare sotto al profumo dei glicini, dove sentire chiacchierare, piano, in tutte le lingue del mondo, con le voci che arrivano dai bar che restano aperti, dove si beve vino e si ascolta un po’ di musica.

Il piccolo ha spalancato la bocca e gli occhi, con la sua spada di legno in mano, con le mani sporche di terra farinosa, impossibilitato a star fermo e zitto non smetteva di parlare inventandosi teorie straordinarie sulle guerre medievali.

I buoni mettevano i cattivi nell’olio, li friggevano, li strizzavano, li facevano a pezzettini piccoli con la spada e poi, con la forchetta, se li mangiavano.

Oppure mentre salivamo sulle fortificazioni:

Sai mamma, una volta, tanto tempo fa, i cavalieri salivano quassù in cima e quando arrivavano erano… stanchi morti!

Carcassonne è stata restaurata nel diciannovesimo secolo, secondo una scuola di pensiero diversa dalla nostra, quel che manca ci si mette, e se non si sa cosa c’era almeno mettiamocelo plausibile.

Carcassonne interroga quindi sul senso di autenticità e su cosa renda, una vestigia del passato autentica.

Dresda non è autentica. Ma è bellissima.

In parte nemmeno Carcassonne lo è, ma lo stesso si rimane senza parole.

Si cammina e si respira il senso della storia, di un’ umanità che mai è riuscita a stare senza guerre, senza mura, senza armi.

Fa impressione vedere quanto poco siamo cambiati rispetto ai cannibali medievali immaginati dal piccolo.

Fa impressione vedere che ancora dividiamo il mondo in giusti e eretici, che ancora il conto dei morti non spaventa nessuno, siano essi 20.000 catari in una notte o i naufraghi nel Mediterraneo o i fedeli alla messa di Pasqua in Sri Lanka.

Infine ci si allontana, e Carcassonne lascia dentro la voglia di tornare, di restare nei paraggi, di non andarsene subito.

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Una risposta a Carcassonne

  1. Nanni ha detto:

    Bel reportage, e belle anche le foto.
    Segnalo però che in italiano vestigia è solo plurale (le vestigia), dal plurale neutro del latino vestigium. Non si può quindi dire “una vestigia”. http://www.treccani.it/vocabolario/vestigia/

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