Cammino, di notte, a farneta.
Per pochi minuti, il pezzo di strada fra Popolo e Donatone è breve di sassi di sterrato.
Il cielo gronda di stelle e io sono a casa.
Tutto mi è familiare.
Il campo secco d’agosto, ricamato dai rotondi fiori di carota selvatica.
La vigna.
Il noce.
Il cipresso.
Il colle che riempie il cielo e che regala sollievo d’estate e buio precoce d’inverno.
I grilli insistenti che danno il cambio alle sfacciate cicale.
Da questo minuto paese è passata la Storia, quella dei fucili e della morte, e le storie, quelle del pane cotto il giovedì, quelle del grano a asciugare al sole, quelle delle vacche generose, gli asini ostinati, i cani fedeli.
Mi pare passato un soffio, da quando ero bambina, mezzo soffio da quando ragazzina.
O forse siamo tutte lì, la bimba, la ragazzina innamorata, la giovane donna in fuga, la quarantenne dai lunghi pensieri.
Siamo nel campo di carote secche, al pollaio, al forno, in cima all’oliveto.
Insieme.
Bello.
già bello