Al rientro di uno strano e surreale tour de force mi sono rifugiata a farneta.
Con la scusa di far giocare il principe con un vecchio trattore di plastica ereditato dai cugini e tirato da un filo, l’ho trascinato fino nella vigna.
A vedere se era tutto a posto.
Lo era.
Era tutto come doveva essere.
Agosto è una grande apnea di caldo e siccità, i campi arrivano stremati, secchi, gialli, impazienti delle piogge di settembre, dal bere come all’uscita dal deserto.
L’uva spicca, nera e invitante, i fichi sono irresistibilmente dolci, l’orto sfinito.
A fine agosto a farneta l’aria cambia sapore e il cielo diventa più scuro.
Ci si impolverano i piedi, passando dai viottoli bianchi, si condivide la sete col ciliegio, con le rose, la lavanda e il rosmarino.
La nepitella cresce aspettando i funghi là da venire.
Il bimbo ride sopra al trattore, abbiamo sbattuto in un poggio, avevo la testa lontana nel tempo, quando questo periodo profumava di ultimi giorni di vacanza.
Avete sbattuto? :-(