liberamente tratto dalla cronaca serale di HDC che si è occupato per tutto il giorno di capire come la gattaccia adorata si inseriva nel nuovo ambiente… domani lo ripete, aspettatevi parecchi racconti pallosi di gatti campagnoli.
priska non conosce i veri alberi, o meglio, non li conosceva. o meglio, verosimilmente non li ricordava.
raccolta da sotto la salvia di maria quando aveva quattro mesi e vissuta fino a ieri in un appartamento di città, l’unico albero di sua conoscenza era l’attaccapanni dell’ingresso, fatto appunto a forma di albero, da un HDC in estasi creativa.
immaginatevi gatti di città. con le unghie fatte a un grattatoio, con percorsi che prevedano salti da scrivanie a librerie a armadi.
e di incontrare un albero.
un albero pieno di odori, di scorza, di rughe dove mettere le unghie, imperfezioni dove ficcare il naso, pieno di rami invitanti, di formiche misteriose, di rumori di insetti e di uccellini, da vedere da vicino, da annusare col naso e con i baffi da esploratore.
se foste un gatto di città…
e vedeste per la prima volta un albero…
in quanti secondi salireste a sentire il profumo delle foglie, del vento, del mondo vero?
quanto fieramente mostrereste il culo a quelli sotto, che scuotono la testa e ridono, chiedendosi se sarete mai in grado di scendere.
se foste un gatto di città…
quanto ci mettereste a diventare un bravo gatto di campagna?
È riuscita a scendere poi?
—Alex
… è la cosa giusta: è nata libera!