mi chiamo abebe

mi chiamo abebe, come bikila, perché ai miei genitori piaceva lo sport.

e sono etiope, ma di lavoro faccio il marocchino.

quando sono arrivato in italia, prima ancora di imparare l’italiano, mi hanno messo in mano un sacchetto di plastica blu, accendini e calzini e mi hanno detto che dovevo venderli, per pagarmi il biglietto.

io il biglietto lo avevo già pagato, fra l’altro, ma un viaggio su un barcone e rischiare la vita per arrivare in un posto qualsiasi dove fare il marocchino costa più di un viaggio in prima classe.

all’inizio non avevo capito cosa volesse dire “fare il marocchino”, me lo spiegarono gli altri.

voleva dire andare in giro col saccone e proporre la merce ai passanti. erano loro, i passanti, che avevano scelto il nome di “marocchino”, per loro voleva dire solamente “venditore di cianfrusaglie” ed era pratico.

dopo mesi passati a girare la città, mi sono guadagnato una zona fissa, sono con un collega.

nessuno di noi due vuole fare il marocchino per sempre, prima o poi, riusciremo a fare qualcosa di meglio di questo lavoro che nessun marocchino vero fa più, lo facevano vent’anni fa, mentre adesso fanno i muratori, gli elettricisti, i giardinieri.

ho saputo addirittura che i marocchini prima si chiamavano polacchi, solo che si vede era più difficile essere chiamato polacco quando sei nero.

insomma adesso non me la passo malissimo, vendo accendini, scambio gli spiccioli con la gente che deve parcheggiare, a volte me ne lascia qualcuno.

tutti i giorni arriva una ragazza, con la bici, la lega alle spalliere non lontane da me.

aspetta una macchina, ci sale sopra e torna la sera.

ha una strana bici, con il manubrio montato al contrario, un cestino davanti e uno dietro e la guida con uno strano sorriso sulle labbra, come se giocasse ad andare in bicicletta, conosco quel sorriso, da bambino avevo lo stesso.

l’altro giorno azim mi si avvicina.

“senti, ho portato le tronchesi, ha un lucchetto ridicolo, ci mettiamo un secondo!”

“non ci pensare neanche, intanto siamo sempre noi, qui tutto il giorno, ci penserebbe subito che siamo stati noi, e poi mi sta simpatica, non le farei mai una cosa del genere!”

“che te ne frega? ci prendiamo la bici, sai quanti soldi ci facciamo?”

“ti ho detto di no, non la voglio la sua bici e poi con quel manubrio al contrario la ritrova subito!”

“quello si rimette normale, quanto sei cretino!”

“senti, io non lo faccio!”

“e allora lo faccio io! tu garda che non arrivi nessuno!”

“no!”

“spostati!”

eccomi qui, che situazione, a fare il palo a un ladro di biciclette…

e io che quando sono partito pensavo che mi sarebbe riuscito di fare l’università…

a vendere accendini, a fare il marocchino, e a rubare biciclette.

ecco dove sono.

non resisto.

grido.

“ehi! arriva qualcuno!”

azim si gira di scatto, mette le tronchesi in tasca.

prendo fiato.

“non è vero, volevo solo fermarti. azim, sai che ho sempre fatto tutto quello che volevi tu. stavolta no. la bici resta lì.”

azim serra i pugni. non ama essere contraddetto, fa il marocchino da più tempo di me e io dovrei semplicemente ubbidirgli.

farfuglia qualcosa.

mi accusa di essere innamorato.

poi di essere un finocchio, senza capire l’incongruenza delle due affermazioni.

se ne va, sbofonchiando come un temporale.

alle sette di sera torna la ragazza.

la guardo da lontano.

nota i graffi sul lucchetto e si guarda intorno.

il viso si gira anche verso di me.

le sorrido.

terrorizzato.

mi sorride. apre il lucchetto e se ne va, fischiettando allegramente.

“oggi mi sa che qualcuno ha provato a rubarmi la bici… mi sa che è meglio se la lascio da un’altra parte…”

Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

4 risposte a mi chiamo abebe

  1. pensierini ha detto:

    Sei tu, quella ragazza sempre col sorriso e il manubrio della bici girato? :-)

  2. oltralpe ha detto:

    Che bellissima storia ! Ci ritrovo tutta la “Lucettina” che conosco da tanti anni ormai ! Bellissima proprio e fa tanta tenerezza. Visione positiva della vita. Senti, se incontri un giorno uno che è proprio depresso, dagli l’indirizzo del tuo blog, gli basterà, meglio di una cura da uno psicanalista !

  3. AD Blues ha detto:

    Spero ci sia sempre un Abebe vicino alla tua bici.

    —Alex

Lascia un commento