il cielo in una stanza

immaginate la scena.

un convento di suore di clausura.

una stanza refettorio, divisa in un di qua e in un di là da una grata in parte sollevata.

di qua io, HDC, il mammuth e un computer.

di la quattro suore, di diversa età e esperienza, ad ascoltare una “lezione” di HDC sull’universo, il big bang e tutto quel che gira intorno.

era il regalo di anniversario di “suoritudine” di una di loro, appassionatissima raccoglitrice di notizie sull’universo e le altre erano anche state invitate.

nel mondo esistono un sacco di muri, muri nelle città, muri fra gli stati, muri nelle teste, mura cittadine, muri delle case, e muri nei conventi.

ma ieri non ne ho visto neanche uno.

mentre HDC parlava e le suore facevano domande a raffica non c’erano grate più, non c’erano muri, non c’erano case, palazzi, torri.

c’eravamo solo noi sette, il mondo infinito, l’immenso numero di galassie, di stelle, di nubi di gas, di luce e di tempo percorso, di onde e di particelle e di voglia di sapere e di voglia di ascoltare e di voglia di parlare e di voglia di capire.

Siamo stati in volo verso il big bang, decollando dalla terra e dai suoi muri, con un equipaggio speciale, sventolante di teli e di sorrisi, siamo andati verso il sole, e poi siamo tornati indietro, per inseguire le comete, sollevarne le code come si farebbe a un gatto, e poi verso gli asteroidi e verso giove, tondo e gassoso come un grasso signore ridanciano, e poi le stranezze dei satelliti di giove e di saturno, mondi di magma, di ghiaccio, di metano e di etano liquido, di cieli ammoniacali, di tramonti giallo oro. e poi urano che rotola invece di ruotare che chissà dove ha battuto.

e poi via, fino a guardare la nostra galassia da lontano, provare a immaginare il buco nero che ha al centro per scoprire che un buco di nulla e di tutto insieme non si può immaginare, e poi vedere che di galassie come la nostra ce ne sono infinite, e che si allontano da noi come l’uvetta di un panettone in forno, perché se l’universo è infinito ogni suo punto ne è il centro e noi, che siamo un punto qualsiasi siamo punto e centro insieme.

e capire che guardando nello spazio si guarda nel tempo, fino a scorgere il bagliore dello scoppio, del big bang, fino ad arrivare a un velo dalla genesi di tutto, quasi a quella parete di tempo, spessa una frazione di 5,391/1000000000000000000000000000000000000000000000 secondi dove per ora ci fermiamo, dove non possiamo distinguere quello che è successo prima da quello che è successo dopo.

quello è l’unico muro che abbiamo visto ieri.

quando siamo tornati sulla terra e abbiamo visto gli alberi, il ghiaino, i fiori, l’erba, le mosche, un gatto e due piccioni sapevamo di averli già visti nel cuore delle stelle che li avevano forgiati.