alla festa dei pastori si arriva dopo sei chilometri di strada sterrata che sembrano venti, dopo le curve e le pettate per arrivare fino a san pellegrino in alpe, applaudendo dalla macchina i ciclisti coraggiosi.
ci si arriva dopo la fondovalle e dopo il ponte del diavolo e le gallerie di ponte a moriano, dopo il brennero e dopo il traffico e il caldo di lucca, che si lasciano volentieri per scappare a 14oo metri per mangiare su un crinale in cima al mondo in bella compagnia, con un bicchiere di vino in una mano, pane, formaggio, polenta e spezzatino nell’altra.
alla festa dei pastori c’è tanta gente, un po’ arriva da lucca, un po’ arriva da modena, e gli accenti si confondono e si mescolano, sulla lama del confine fra le due provincie, e la gente canta in modenese e chiacchiera in garfagnino, beve, mangia e ride.
alla festa dei pastori si respira il vento di montagna, la voglia della gente di stare insieme per tenere viva una comunità che si è spersa nella valle, chi nelle fabbriche, chi nei ristoranti, chi nelle scuole, o negli ospedali.
a fare un altro mestiere, che il pastore è duro, da fare.
e ancora esistono, i pastori, e ancora esiste il formaggio, come esisto io che scrivo qua sopra e come esiste la montagna.
e esistono le pecore, tutte insieme, marroni e nere, grosse e cocciute, indecise e guidate da un cane astuto e veloce.
e esistono giorni così, che ti fanno stare insieme alla gente, e godere della vita, dei bimbi che rotolano, delle vecchie che cantano, degli omaccioni che suonano canzoni popolari con una fisarmonica, una chitarra e due cucchiai.
e sì, l’hanno fatta bella ciao, subito dopo la canzone alla madonna.
sono sempre stato affascinato dai cani astuti e veloci dei pastori.
quando ero bambino ricordo che un mio zio aveva le pecore e, ovviamente, un cane. portava le pecore a pascolare insieme al cane, poi tornava giù a fare il formaggio e gli altri lavori. la sera ordinava al cane di andare a riprendere le pecore e questo andava e le riportava giù.
La nonna della mì mamma, era di Pontecosi, in Garfagnana e lì passavamo molte estati. Ricordo una chiesetta da quelle parti divisa in due: da una parte era toscana, dall’altra dell’ Emilia-Romagna…due altari e due preti! Non ricordo più come si chiamava il paesino, ma era troppo ganza sta cosa! ;-)
era la chiesetta di san pellegrino in alpe.
ma c’era un altare e un prete solamente. casomai, sono i due santi (pellegrino e bianco) venerati nel tempietto dietro l’altare (nel quale sono conservate le loro ossa) che riposano con la testa in emilia e i piedi in toscana perché il confine si vuole che passi proprio da lì.
Non so, mia madre parlava di due altari e di due preti, questo negli anni 20-30…